di Alessandro Santoro
VITA
Vita erano le parole pescate da poeti e scrittori che qui soggiornavano non solo in Estate. Il trambusto era solo delle onde, il rave delle cicale, le bestemmie del nonno, la campana suonata dalla mamma che richiamava i pargoli all’ovile. Vita era l’orto di tutti. La salsa di pomodori fatta da tutti. I fichi mangiati sugli alberi, le unghia sempre nere di terra e fango, le ginocchia sbucciate.
Vita era il mare la domenica con le sedie portate da casa, le angurie al fresco nel rivolo d’acqua dolce che spuntava dalla roccia spezzata. Vita era la doccia fredda nella fontana del paese. Vita era uscire di notte, armati di forchette, per scovar granchi e mettere il piede su un riccio nascosto a pochi centimetri dalla riva. Vita era la mamma con l’ago bruciato sul fuoco che: – te le tolgo io le spine che ho una mano fermissima…
Vita era la tv che interrompeva le trasmissioni dopo il tg delle 24. Vita era la famiglia intera che dormiva nella stessa stanza, faceva caldo ma c’erano tutti.
MORTE
Morte è la voce sparata al cielo di un forzato della vacanza, lo schiavo del divertimento che accoglie il nuovo sole sbraitando: – n’tisati le mani!!!
Morte è l’eterna diatriba sul giornale locale su turismo, servizi e… che si fa stanotte!? Lo tsunami di flatulenze chiamate “eventi”, il ciarpame venduto al babbione di turno che parla d’identità griffata salento made in china. L’assessore alla cultura che presenzia tutto, dice tutto, ma poi scappa via perché ha già preso un impegno, ma comunque un saluto affettuoso dal sindaco che purtroppo non è potuto venire (ché col cazzo si fa le vacanze nel Salento, lui si perde nei boschi scandinavi mica è scemo…).
Morte è la notte bianca, rosa, gialla, verde e blu, quella dei bambini, dei nonni e della ‘fessadezziata’, la sagra del peperone, della melanzana, delle pittule, delle purpette delledelledelle….
Morte è la ‘presepizzazione’ permanente: costumi d’epoca per tempi mai esistiti. Tutti addobbati per andare al mare, al castello, alla masseria, a ballare balli vintage, old, fashion, swing… Morte è la location, lo skyline, il contest… Morta è la lingua ma anche il cervello non sta tanto bene.
Morte sono le spiagge con gli ombrelloni in fila per 6 col resto di due, a distanza di 30 cm uno dall’altro. Morte è sentire i discorsi della lumbard di fianco che schifa i neri e se vede un ambulante colorato chiama il 1530. Morte è il ristorante di pesce asiatico (freschisssssimo) intasato ad ogni ora, col conto salato più del mare che s’intravede dal vetro precario della struttura abusiva ma… rimovibile.
Morte sono le strade lastricate di cimiteri in continua espansione. Morti sono troppi amici.
Morte è l’albero che muore di una malattia che non esiste.
Morte è il padre che muore di una malattia che esiste.
Morte è chi parla delle malattie senza aver cura della vita.
MIRACOLI
Miracolo è una casa che diventa bunker e resiste.
Miracolo è chiudere i cancelli, scavare fossati, erigere mura spesse.
Continuare a fare l’orto e coglier pomodori che profumano di pomodori. Continuare a innaffiare anche quando l’erba ha avvolto tutto, parlare ai peperoni e rassicurarli che mai e poi mai li irrorerai di merda chimica. Miracolo è (sopra) vivere ai dolori, agli abbandoni. Miracolo è restare qua, nonostante tutto. Miracolo è riuscire a partire, perché poi raccontarsela da soli è un po’ come morire.
Miracolo è l’albero che germoglia nuovamente mentre già lo davi per morto.
Miracolo è la bambina che inventa storie con papà, storie come questa.
Miracolo è rileggere insieme e scoprire che… la storia della bambina è decisamente più bella!