Rina Durante e le ‘Aree del Rischio’ da correre a scuola. di Elisabetta Dell’atti.

1.Questione di scelte ‘politiche’

L’inizio del nuovo anno scolastico (2017/2018) nell’Istituto Comprensivo di Melendugno si è aperto con una scelta: risultato beneficiario di un finanziamento previsto per le scuole collocate in aree a rischio (CCNL ART. 9), ha dovuto decidere come utilizzare quelle risorse pubbliche.

Avrebbe potuto realizzare uno dei tanti progetti per le ‘aree a rischio’ che vogliono recuperare le carenze formative degli studenti e ridurre il rischio della dispersione facendo scuola nello stesso modo. Solo che si fa nel pomeriggio. Cambia il tempo che, infatti, diventa extra, oltre il curricolare, ma non la percezione del tempo vissuto a scuola. Pensa la felicità di stare a scuola oltre il tempo dovuto per chi vive già con disagio, insofferenza, noia il tempo-scuola-obbligatorio! Cambia, magari anche il luogo ma di poco: nel pomeriggio i destinatari del progetto di ‘recupero’ si prendono la libertà di stare nelle aule che non sono quelle abitate di mattina. Cambia anche, che magari, i banchi possono essere disposti in cerchio o raggruppati, magari per realizzare un cartellone o un ‘bel’ prodotto digitale. Insomma cambiano, di poco gli spazi utilizzati, ma non troppo le modalità di viverli: quasi come l’ora d’aria dei detenuti! E non cambiano quasi per niente le relazioni interpersonali tra i soggetti (docenti e studenti) e tra i soggetti e gli oggetti culturali. A parte il fatto, che i destinatari possano essere stati ‘mescolati’, rispetto alla provenienza della classi di appartenenza, il processo formativo resta per lo più unidirezionale, la logica di presentazione dei contenuti di tipo lineare, parcellizzato, statico, l’approccio metodologico di tipo trasmissivo. Spesso accade così. Anche quando si fanno le ‘ricerche’ in rete. Anche quando si preparano le ‘recite’ per la messa in scena finale. Serve la documentazione del prodotto finale e la scuola sa adempiere ai suoi doveri.

Questi progetti per le ‘aree a rischio’ sono i progetti che riguardano solo i partecipanti al progetto: destinatari e docenti partecipanti che stanno a scuola oltre l’orario curricolare, come se un tempo aggiuntivo di per sé bastasse a curare quei disagi e recuperare quelle carenze. E così la mattina, ritornati in quello spazio-scuola tutti attendo da quegli studenti cambiamenti che non vedranno. Di qui, il rischio che la percezione dell’inadeguatezza rispetto alle richieste che la scuola fa a quegli studenti si confermi è elevato.

Che fare?

Ci mette in guardiaAlbert Einstein: “non possiamo risolvere i problemi con lo stesso livello di pensiero che li ha creati

E allora, se la scuola cominciasse ad osservare, riconoscere e realizzare i suoi ‘piaceri’ invece che solo adempiere ai suoi doveri? I desideri di tutti e di ciascuno di essere a scuola in uno spazio accogliente, appagante, di promozione della parte migliore del Sé di ciascuno.

A settembre l’Istituto Comprensivo Melendugno ha provato a scegliere. E ha scelto di destinare il finanziamento ottenuto per le scuole in ‘aree a rischio’ per un percorso di conoscenza della concittadina Rina Durante, cui si intitolerà l’Istituto.

Una scelta politica. Sia nel ‘contenuto’ che nel metodo.

Nel contenuto: Rina Durante è donna, rivoluzionaria, scrittrice intellettuale, maestra di Scuola e di Vita. Nel metodo: spazi, tempi, relazioni del fare scuola vengono ripensate.

 2.Visioni culturali e formative del fare scuola

Il contenuto alimenta questo metodo. Il testo di Rina è un pretesto per mettere la marginalità al centro, per fare scuola fuori dalla scuola, per far scuola divertendosi, per promuovere saperi a partire dalle storie ,per “coltivare modalità diverse di andare dal passato al presente verso il possibile”(J. Bruner), per far entrare nella scuola il grande assente ingiustificato…il corpo.

L’Istituto Comprensivo avrebbe potuto realizzare uno dei tanti progetti per le ‘aree a rischio’ facendo scuola nello stesso modo, ha provato a scegliere di fare altro. Ha provato ad attivare un processo formativo per correre il rischio della dispersione per accoglierla e ri-nominarla, per andare a cercarla nelle storie, nei silenzi, negli sguardi, nei ricordi, nei corpi, nelle emozioni. Ci sono processi che vogliono correre il rischio di destrutturare per ristrutturare.  Gli spazi, i tempi, i ruoli, le modalità di fare scuola.

Dis- educare(si)   per ri-educare(rsi)

Questi sono processi formativi che ri-guardano tutti i soggetti della comunità scolastica, in quanto occasione di co-costruzione di visioni e di progettualità condivise del far scuola.

Ri-nominare l’edificio scolastico può diventare allora l’occasione di ri-significazione identitaria di una comunità scolastica, di un Territorio, attorno ad un visione culturale e formativa di scuola e di Sistema Formativo Integrato.

Quale persona e cittadino vogliamo formare nel qui ed ora della nostra relazione educativa? Quali metodologie per recuperare le marginalità?

Queste sono le domande che accogliere il rischio della dispersione comportano.

Le parole di Rina vengono in soccorso:

“Liberare mani e scucire bocche”.

Il contenuto alimenta il metodo, dicevamo.

La marginalità al centro: e il progetto di pochi, solo di quelli delle ‘aree a rischio’, diventa il progetto di tutti, il processo identitario che include.

L. e M. Due corpi che raccontano due storie. Due storie per le quali vale la pena di correre il rischio della dispersione per accoglierla e ri-nominarla.

L.: corpo rinchiuso in se stesso. Spalle ricurve, sguardo basso e triste. Eppure ha gli occhi di tigre. Le mani alla ricerca disperata e continua di oggetti per estraniarsi dallo spazio di vita della scuola. Il tempo scolastico scorre su di lui come una somma insignificante di ore. Eppure ha gli occhi di tigre. Eppure ride, canta, il suo corpo è pieno di vita e di luce. Niente compiti. E’ la difesa che ha scelto per non ri-vivere ogni giorno la ferita dell’insuccesso, del sentirsi inadeguato, fuori posto. “Ho paura dell’errore. Non riuscirò mai ad imparare. Sono sbagliato. Non sono capace.” La ferita è così profonda che l’immedesimazione è totale.

M.: sguardo vispo, il corpo un moto perpetuo, la voce squillante. Chiacchieriamo con un esponente dei Sud Sound System di Territorio, Identità e Legalità, di importanza della conoscenza del dialetto, quale lingua originaria identificativa di una cultura e lui, prende la parola e, con la sicurezza di chi ha capito tutto afferma: “Ho capito cosa fare da grande :compro una campagna , raccolgo le olive, produco l’olio e poi lo vendo in Giappone”.

Chissà cosa farà, che uomo diventerà da grande M., comunque sia, molto probabilmente, la chiacchierata di quella mattina ha attivato in lui riflessioni e domande su chi è, cosa ci fa in questo Territorio, quale contributo vuole offrire al suo sano sviluppo. Parlando con gergo scolastico, diremmo che questo è un modo concreto di far orientamento formativo: di far riflettere e promuovere una cultura del lavoro, la consapevolezza di SE’ e del patrimonio locale da valorizzare nel binomio autorealizzazione personale/sviluppo ecosostenibile di un territorio.

E le parole di Rina risuonano con quelle di grandi personalità che la Storia dell’Umanità ha conosciuto. Nelson Mandela ci ricorda che “l’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. E’ grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra.

  1. Il cuore del progetto: processo di attivazione di saperi e metodo di indagine e di lavoro

Il corpo (gesti, espressioni facciali, voce: timbro, ritmo, tono) racconta storie e i neuroni a specchio connettono le storie. (cfr. Rizzolati).

Le emozioni sono re-azioni del corpo ad uno stimolo esterno e le memorie cellulari conservano i vissuti emozionali ancorandoli alle situazioni e ai contesti di vita (cfr. Galimberti). Le mappe emotive danno il senso, il ‘colore’ alle mappe cognitive: l’apprendimento ‘passa’ se ci sono ‘ponti’ e non steccati tra chi apprende e chi insegna.

Il respiro e il sorriso del docente possono costruire mappe emotive ‘colorate’ di positività (cfr. Daniela Lucangeli, Lucia Suriano #EducareallaFelicità)

Il teatro a scuola è lo spazio e il tempo della libertà e dell’incontro delle libertà delle persone. E’ ritrovare ed esprimere la storia di ciascuno.

Dicevamo, ci sono processi che vogliono correre il rischio di destrutturare per ristrutturare, dis- educare(si)   per ri-educare(rsi).

  • Facendo scuola fuori dalla scuola,
  • Facendo scuola divertendosi,
  • Facendo entrare nella scuola i saperi dei contesti di vita,
  • Facendo ricerca di storie,
  • Destrutturando spazi, tempi, modalità del fare scuola consueto.

I ragazzi e i docenti sono andati per le vie del paese per “La caccia al tesoro”, hanno intervistato le persone per le strade in cerca di storie su Rina. Hanno deposto dei fiori sulla Tomba di Rina.

I ragazzi e i docenti hanno fatto esperienza giocosa nel laboratorio teatrale di presa di con-tatto del proprio e altrui corpo.

I contesti, i saperi e le esperienza di tanti persone che parlavano di Rina sono entrati a scuola, in una giornata dedicata a “La staffetta su Rina”

Il rischio  è allora l’opportunità che l’Istituto si assume per generare conoscenza co-costuita e promozione dei soggetti potenzialmente a rischio di dispersione (e chi non lo è?), destrutturando pratiche consuete per ristrutturarne altre più efficaci e più orientate a generare apprendimento che riconnetta le 3C (corpo, cuore, cervello).

Il rischio  è allora l’opportunità che l’Istituto si assume oltre le dichiarazione programmatiche generali, per promuovere:

  • lo sviluppo dello spirito d’iniziativa e di imprenditorialità nel qui ed ora;
  • la consapevolezza di Sé e dell’espressione culturale qui ed ora
  • le competenza digitale qui ed ora.

Il rischio  è ancora l’opportunità che l’Istituto si assume di fare della scuola il presidio di cultura e di valorizzazione del patrimonio letterario locale per la promozione dell’autorealizzazione di ciascuno e la sostenibilità dello sviluppo socio-economico del Territorio.

Allora rischiare di disperdersi, per ritrovarsi nelle storie, nei silenzi,

negli sguardi, nei ricordi, nei corpi, nelle emozioni è un rischio che vale la pena di correre.

  1. Destrutturazioni

Gli spazi della scuola cominciano ad essere vissuti in prima persona da docenti e studenti. Si dilatano, s-confinano. Nasce la ‘sala d’attesa’ un open space approntato alla meglio, per rendere trasparente e partecipato il processo di ide-azione e progett-azione del percorso. Uno spazio che comincia a trasformare anche il tempo del vivere la scuola. Un tempo che diventa capace anche di lentezza, di so-stare nelle relazioni, negli sguardi, nei sorrisi, nelle storie di ciascuno che confondo suggerimenti e proposte operative, a voli pindarici, intermezzati di fatti della vita personale di ciascuno. Nascono le “Conversazioni…Aspettando Caterina”: un non-collegio dove le relazioni tra le persone della scuola dove si ragiona di scuola sorgeggiando una tazza di thè, dove le relazioni si fanno più informali, più umane.

Si delinea un percorso di formazione e aggiornamento dei docenti contestualizzato alle pratiche in atto.

Modernismi didattici? No, semmai un ritorno al futuro…

Il territorio come “aula didattica decentrata” era la visione pedagogica e l’itinerario operativo proposto da F.Frabboni tempo fa. (Pedagogia: realtà e prospettive dell’educazione, Di Franco Frabboni,Luigi Guerra,Cesare Scurati,1999)entro una visione di Sistema Formativo Integrato e di Educazione permanente.

E prim’ancora De Bartolomeis, anni ’70 parlava del metodo della ricerca come antipedagogia.

E i riferimenti pedagogici, culturali, formativi potrebbe continuare…in ordine sparso..John Dewey, Don Milani,Claparède, Egdar Morin,…sono tutti richiamati nelle Indicazione Nazionali per il Curricolo.

Lasciamo questo appunto visivo come promemoria:

Ci sono processi che vogliono correre il rischio di destrutturare per ristrutturare, dis- educare(si)   per ri-educare(rsi), dicevamo. Di essere rivoluzionari , in fondo applicando in modo autentico la norma. Ritornando al futuro.

oltre un curricolo ‘dichiarato’ verso un curricolo condiviso nei significati, negli scopi e nelle pratiche:

Fare memoria per generare Futuro nel qui ed ora.

Il miglior modo di immaginare il futuro è crearlo.  (A. Lincolhm)