di Alessandro Santoro
L’ampio spazio dedicato dal Nuovo Quotidiano di Puglia, in questi giorni, all’emergenza lavoro mi ha fatto molto riflettere.
Gli imprenditori accusano: “assunti poco preparati, tocca a noi la formazione”.
Il quadro tracciato è desolante: mancano le competenze. I giovani sono male istruiti, poco formati, ignorano l’inglese e agli imprenditori l’ingrato (?) compito di organizzare corsi di formazione per sopperire al gap. Non è dato sapere però se tali corsi vengano organizzati utilizzando contributi, sgravi o altri incentivi statali.
I docenti universitari intervistati puntano il dito contro la scuola e i giovani: scarsi, incapaci, incompetenti, inadeguati.
Nella prossima puntata del report forse si parlerà anche di quei giovani mandati a casa durante i colloqui di selezione perché: “troppo competenti”?
Sulle stesse pagine del Quotidiano pugliese s’incalza: “più soldi per le Zone economiche Speciali”, più ettari da destinare all’insediamento di nuove zone industriali. Se l’idea sia la stessa che ha prodotto negli ultimi anni ettari ed ettari di capannoni abbandonati, costruiti frodando, truffando la collettività; anche questo non lo si capisce leggendo il giornale.
Spulciando i dati, poi, scopriamo che i ragazzi che frequentano i licei classici e i licei in generale sono i più incompetenti di tutti. In definitiva le loro, pur notevoli conoscenze, non servono a questo mercato del lavoro. Mentre l’alberghiero ed i servizi turistici e dell’industria vanno a gonfie vele, offrono le giuste competenze.
Da insegnante, in questi giorni, sono stato costretto ad elargire ai genitori degli alunni in transito verso la scuola secondaria di secondo grado, il “consiglio orientativo”. Una “consiglio” per frastornati genitori che sperano di capire quale futuro per i loro figli.
A 13 anni, mio padre, il giorno della scelta della scuola superiore, mi guardò negli occhi e mi disse: – tu, figlio mio, puoi fare quello che credi se lo desideri veramente!
Mio padre ha sempre scommesso sulle mie idee, anche quando queste erano “sballate”, perché era fermamente convinto del fatto che solo credendo nelle mie idee avrei potuto incontrare quelle degli altri.
In questi giorni incontro molti genitori che conoscono benissimo ciò che i loro figli NON sono in grado di fare, ma che non hanno idee di ciò che POTREBBERO fare.
Questa è la fotografia del mezzogiorno d’Italia oggi? Prima di tutto lo sviluppo.
Quello della fabbriche produttive ma, ahimè inquinanti. Quello delle aziende che devono competere, ma ahimè senza diritti per i lavoratori. Quello che il lavoro c’è ma non per tutti e purtroppo, ogni tanto, si muore. Quello del profitto ma che, purtroppo, è solo per pochi.
E se va tutto a scatafascio, perché qualche danno collaterale dobbiamo pur sopportarlo, di chi è la colpa? Dei giovani e della scuola.
La “scuola delle competenze”, quella che già invia migliaia di studenti per “l’alternanza scuola lavoro”, che sarebbe un modo edulcorato per dire “educazione alla subalternità”, non è abbastanza efficiente per i nostri imprenditori.
Scrive John Lehrer, ricercatore presso il laboratorio del premio Nobel Eric Kandel: “La conoscenza può rappresentare una maledizione. Quando impariamo a conoscere il mondo, impariamo anche tutti i motivi per cui il mondo NON PUÒ’ essere cambiato. Ci abituiamo ai nostri fallimenti e alle nostre imperfezioni. Diventiamo sordi alla possibilità di qualcosa di nuovo. L’unico modo per restare creativi nel tempo è sperimentare l’ignoranza, guardare le cose che non capiamo appieno”.Nello stesso testo l’autore cita esempi di aziende che hanno rivoluzionato il modo di concepire la produzione e la creatività.
Aziende, come la Pixar, Google, 3M, stanno ripensando non solo il concetto di ricerca e produzione perché riconoscono “il rischio all’imbarazzo di fare domande stupide, di circondarci di persone che non sanno di cosa stiano parlando. Bisogna lasciarsi alla spalle la sicurezza delle nostre competenze”.
Steve Jobs, licenziato dalla sua azienda, la Apple, rilevò la Pixar che produceva computer inutili e invendibili e la trasformò nella società vincitrice del più grande numero di Oscar per l’animazione da quando esiste la categoria miglior film d’animazione (dal 2002 12 film prodotti e 24 Oscar vinti).
La prima cosa che fece Jobs, fu eliminare gli uffici, radere al suolo i muri che separavano i dipendenti, mettere la gente una di fronte all’altra, di fronte alle proprie idee. Idee prima di competenze. Poi ha costruito la Pixar University con 110 corsi diversi frequentabili da tutti i dipendenti, con soldi dell’azienda e non attraverso finanziamenti pubblici.
Una parte del mondo si muove in questa direzione. Investe sulla creatività, sulle passioni, sulla ricerca e l’innovazione che esula dalle competenze e attinge al potenziale immaginativo.
Nel libro di Lehrer si mostrano le start up più innovative e si scopre che le aziende di maggior successo attingono ad idee bandendo continui concorsi, risolvono problemi complessissimi rivolgendosi ad utenti di tutto il mondo tramite piattaforme on line come InnoCentive, cercano giovani outsider. Giovani non dentro al sistema delle competenze: “il mondo è pieno di outsider, solo che non li chiamiamo così, li chiamiamo ‘giovani’. In fin dei conti, la virtù della giovinezza è che i giovani non sanno abbastanza per essere insider, dei cinici competenti. Benché l’ignoranza comporti tutta una serie di ovvi svantaggi, possiede anche dei vantaggi creativi. I giovani sanno di meno, ed è per questo che spesso inventano di più”.
E’ questa la scelta che tutti noi, adulti, ci troviamo a dover fare nel delicato percorso di crescita dei nostri figli: cosa vediamo in fondo alla nostra vita?
Un mondo desertificato, ridotto a macerie in nome del sistema produttivo? Un mondo scarnificato del potere immaginifico e creativo dei nostri figli? Vogliamo che i giovani diventino come il povero Chaplin, ridotto a bullone nella catena di montaggio per un losco padrone che si gingilla dietro i suoi potenti schermi di controllo? Vogliano continuare ad impoverire l’istruzione ed il pensiero dei docenti? Costruire scuole che addestrano alle competenze dimenticando che “veramente rivoluzionario è il segnale segreto dell’avvenire che parla con il gesto infantile”?
Umiliare i più giovani, i loro educatori, le loro famiglie ci farà sentire a posto con la coscienza per aver contribuito a rendere il mondo un luogo che ha tradito la promessa di felicità associata alla dicotomia progresso- benessere?
O vogliamo che i nostri figli facciano ciò che noi non siamo più capaci di fare?
Immaginare un mondo diverso. Liberi dalle competenze.
Immaginare un sistema produttivo, nel mezzogiorno in particolare, che tenga conto dei disastri già compiuti e guardi all’innovazione creativa che i giovani stanno già portando avanti, in altre parti del mondo.
Un giorno, dopo aver scritto l’ennesimo progetto per l’ennesimo bando pubblico, scritto dall’ennesimo funzionario competente, il mio amico e socio prof. Antonio Rollo mi disse: – chi non ha idee sarebbe meglio che se ne andasse al mare.
Forse è per questo che il mare pullula di gente e il turismo la fa da padrone.
E intanto le idee dei nostri giovani volano altrove, spesso, lontano dal mare.