di Alessandro Santoro
Ne abbiamo lette di ogni.
Il punto di partenza è sempre lo stesso: la xylella ha rotto le palle!
Abbiamo sentito il punto di vista degli agricoltori. Quello di scienziati, agronomi e accademici. Hanno detto la loro i politici, i cittadini, i salentini in particolare perché più colpiti dalla vicenda. Ha parlato l’Europa, poi anche i medici della mutua, specialisti epidemologi e via narrando sino ad ambientalisti, artisti, sofisti, nichilisti e tutti gli –isti rimasti.
Ma a nessuno è venuto in mente di sentire il punto di vista della Xylella fastidiosa, ovvero il batterio responsabile dello scempio- ulivi del Salento.
Ovviamente ci voleva un matto per pensarci.
Ieri, preso dalla disperazione di veder seccare gli ulivi piantati dalla buon anima di mio nonno, e prima di farmi prendere dalla furia pesticida, armato di microscopio, ho realizzato questo scoop.
Io: dunque andiamo subito al nocciolo della questione. Lei è un batterio piccolo e stronzo, a dire di tutti, lei è il responsabile di questo scempio. Perché distrugge i miei alberi?
Xylella: allora mettiamo le cose in chiaro subito. Tu, ominide con l’occhio talmente inutile che per vedermi necessiti di un microscopio, da quanto tempo esisti?
Io: se intendi Io come Homo dotato di cervello- mente credo da 300 mila anni su per giù. Ma perché me lo chiedi?
XY: vedi omuncolo io esisto da 3,8 miliardi di anni. E la Terra hai idea quanti anni abbia?
Io: certo, sono un insegnante io, cosa credi? sei un batterio sfacciato! 10 miliardi di anni.
XY: dunque per oltre 4 miliardi di anni la terra è esistita senza me e te. Ma soprattutto senza di te. Le tue parole a vanvera, i tuoi rumori, il tuo muoverti senza criterio.
Io: senti xylella non cominciamo a ribaltare la frittata; qua la stronza sei tu. Ricominciamo: perché uccidi i nostri ulivi?
XY: vedi che ciarli e non ascolti e peggio ancora, continui a guardare un vetrino dentro un microscopio pensando che lì dentro ci sia tutto il mondo e non riesci a comprendere che tutto quello che chiami mondo è molto meno di questo vetrino. Rispondi tu ad una domanda: che cosa è la vita?
Io: non ti facevo così arguto batterio pusillanime. Comunque, su questo Shrodinger ci ha scritto un libretto bellissimo in cui definisce materia vivente ciò che “va facendo qualcosa, si muove, scambia materiali con l’ambiente e cosi via” e poi c’è la morte che ovviamente è quando “l’intero sistema si trasforma in un morto inerte blocco di materia. Si raggiunge uno stato permanente, in cui non avviene più nessun fenomeno osservabile. Il fisico chiama questo stato lo stato di equilibrio termodinamico o stato di entropia massima”.
XY: bravo! Hai studiato. Dunque ne converrai che sia io che te siamo viventi. Andiamo facendo qualcosa. Con una serie di differenze che ti saranno sfuggite. Primo: io sono nato prima di te. Secondo tu senza di me non esisteresti.
Io: esagerato. Un tantino egocentrico eh?
XY: vedi che vai dicendo puttante? L’ego ce l’hai tu che hai un sistema nervoso complesso, quella che chiami mente- cosciente (oddio cosciente…) Sai quante cellule hai nel corpo?
Io: tante?!
XY: pirla! Ne hai circa diecimila miliardi.
Io: ah pero… non avrei detto.
XY: e sai quanti batteri hai?
Io: batteri? Io? Quanti?
XY: oltre centomila miliardi. Il rapporto è di uno dieci. Te li faccio io i conti prima che ti metti a contar le dita…
Io: vabbè e con questo che vuoi dire? Non tutti i batteri sono uguali, questo lo sanno anche i bambini. Ci sono batteri buoni e batteri stronzi… come te! E poi piantala di paragonarti a noi umani. Noi siamo esseri complessi, dotati di un sistema nervoso complesso, organi periferici, dna, rna, geni, parliamo, pensiamo, scriviamo, comunichiamo.
XY: perché noi no? Secondo la microbiologa McFall- Ngai “piante e animali non sono che un patina sul mondo dei microbi”. Noi siamo creature intelligenti. Certamente più di te. Possiamo comunicare tra noi, certo non a parole, ma le molecole con cui inviamo segnali l’un l’altro sono molto eloquenti.
Io: Xylella mi stai infastidendo. Mi stai portando ben oltre la mia domanda iniziale. Perché uccidi i nostri ulivi?
XY: ti risponderò. Vedi omuncolo io e te siamo uguali. Almeno nel principio. Poi ci differenziamo ma il principio è immancabilmente lo stesso. Gli organismi RINUNCIANO a qualcosa in cambio di qualcos’altro che altri organismi possono offrire loro; nel lungo periodo, ciò renderà le loro vite più efficienti e la sopravvivenza più probabile. La cosa a cui i batteri o le cellule nucleate o i tessuti o gli organi in genere rinunciano è l’INDIPENDENZA. In cambio, essi accedono ai BENI COMUNI, a quei beni che derivano da una organizzazione cooperativa che riguarda condizioni generali favorevoli.
Come vedi nel modo microbiologico, come nel tuo, la partenza è uguale, senza simbiosi non si può perdurare.
Io faccio tutto questo. Chiediti invece: voi Omini sapiens sapiens quando avete smesso di fare ciò?
Chiedi ai tuoi rappresentanti, a quelli che progettano il tuo futuro se hanno idea di essere molto meno di un batterio fastidioso. Noi abbiamo un progetto: prosperare. Voi?
Vi tirate addosso sostanze chimiche tossiche ogni istante della vostra giornata, uccidete esseri complessi quanto e più di voi, credete di essere immortali e andate in crisi di fronte alla malattia. Avete perso il senso della realtà mio caro Homo sapiens.
Ora chiudi questo microscopio che c’ho da continuare a prosperare.
Un’ultima cosa: non piangere per i tuoi alberi di ulivo. Non piangere per tuo nonno e per i tuoi cari scomparsi. Loro sono qui. Come tutta la materia. Niente scompare. Niente esiste per sempre nella stessa forma. “Lo status di ciascun essere umano deriva dal significato unico del soffrire e del prosperare alla luce delle vostre reminiscenze del passato e dei ricordi che vi siete costruiti sul futuro che incessantemente anticipiate”.
Io: (spegnendo il microscopio) Mi è venuta un filino di ansia…
Ma poi… dove cazzo mai si è visto un batterio che cita scienziati e libri.
Devo essere impazzito.
O forse è veramente un miracolo il fatto che possa vederti e parlarti. Ma è un miracolo del miracolo che possa parlarmi senza vedermi.
Liberamente ispirato da “Lo strano ordine delle cose” di Antonio Damasio, Biblioteca Scientifica, 2018