Sono anni che io, ed altri prima e meglio di me, scrivo di un Salento svenduto, mercificato, sacrificato, alla mercé di piccolissimi politichini senza idee e imprenditori del sottosviluppo.
Oggi i tempi sono cambiati. Se fino a qualche anno fa quelli come il sottoscritto erano tacciati di anti salentinismo, anti modernismo, anti tutto, con scherno e derisione additati come nemici del prorompente modello Salento, oggi tira aria di:
– l’avevo detto io… così non può continuare… crisi del modello Gallipoli, crisi di presenze… – e via disperando andando. In un coro di piagnistei apodittici.
Non mi sembra dunque il caso di rincarar la dose. Chi vorrà saprà rintracciare i fili di questa lunga agonia iniziata anni or sono e ampiamente dibattuta.
Non mi unirò, dunque, al pianto funebre delle odierne prefiche sul letto di morte del Salento. Il morto è morto, il funerale si è celebrato, oggi è tempo di ‘cunsulu’.
Cosa ha lasciato il morto? É tutto imputridito o da qualche parte il Salento ha figliato? C’è speranza di vita dopo la morte?
Ecco allora una mia personale classifica: 10 cose belle per rinascere.
- Il movimento NOTAP. Malgrado defezioni, incomprensioni, peccati di giovinezza, il movimento nato intorno al contestato gasdotto azero ha dimostrato che c’è ancora vita nel Salento. Vita autodeterminata, dignità, solidarietà, organizzazione dal basso, analisi e proposte. È nato nel Salento un movimento che mette in discussione, radicalmente, un modello di sviluppo imposto e mai concordato con le comunità locali. Si può ripensare un Salento che parta proprio dai bisogni e dai sogni della sua gente? Si deve!
- L’accessibilità. Le spiagge accessibili a persone con disabilità. Ci siamo arrivati, anche nel Salento, a capire che un nuovo modello deve ripartire dagli ultimi tra gli ultimi. Perché un territorio è di tutti e per tutti. Dovrebbe essere banale dopo anni di lotte e interventi legislativi a riguardo eppure, solo quando i nostri paesi e città e spiagge e aree concerti, ecc.. ecc…, saranno accessibili realmente a tutti, solo allora la rinascita sarà possibile.
- L’agricoltura km0, i gruppi di acquisto, i nuovi modelli che uniscono cultura e coltura, il recupero delle antiche pratiche e sementi, i giovani che lavorano terre incolte, scambiano conoscenze e buone prassi, sfidano le presunte e reali epidemie. Sta crescendo, in questo territorio, un movimento di ritorno alla terra del tutto innovativo. Che rifiuta la chimica, combatte le lobbies di interesse. É solo merito di queste persone se il Salento, tra pochi anni, non sarà un deserto. Dovremo tutti ringraziare questi pionieri se la nostra terra sarà ancora in grado di dare frutti.
- Il coworking, la condivisione, la socializzazione. Nascono, anche qui, gruppi di persone che mettono a disposizione conoscenze in cambio di altre conoscenze, nuove forme di baratto che deviano dal sistema denaro ed elevano il valore umano. Il denaro, fino ad oggi, non ha comprato la felicità dei salentini, ha arricchito perlopiù piccoli gruppi di potere (spesso malavitosi) e immiserito le comunità mediante la perdita di conoscenze antiche. Ecco dunque che imparare a cucinare insieme il pasticciotto o il rustico, diventa momento di scambio preziosissimo che non ha prezzo.
- Gli immigrati. Sono lontani i tempi del Salento terra di accoglienza, candidato al Nobel per la pace da Dario Fo, eppure nel clima generale d’irresponsabile odio razziale, alimentato da improbabili Ministri del disprezzo, il Salento può porsi come guida per modelli virtuosi di inclusione. I migranti non sono il problema! Insieme, in un grande patto di comunità, possiamo costruire un nuovo Salento multietnico, colorato, solidale, realmente aperto al mondo. É solo incontrando gli altri, i popoli del mare, che questa terra esiste. Per i più scettici consiglio una visita al sito archeologico di Roca Vecchia, scopriranno una storia di accoglienza lunga oltre duemila anni.
- La storia vissuta. Superando la ‘presepizzazione’ del Salento, andando oltre le disneyland della storia inventata, esiste un Salento non ancora raccontato. Basta accettare che esiste altro oltre al tarantismo e forse, lasciando per un po’ in pace la taranta, essa tornerà a mordere e a raccontarci da cosa il morso ci proteggeva.
- L’arte. Sono sempre più numerosi gli artisti salentini che si propongono a livello nazionale ed internazionale con assoluta originalità. Capaci di vivere della propria arte. A questi la politica deve fare un favore: lasciarli in pace! Basta con le ingerenze, i bandi da banditi, le politiche di sussistenza elemosinante, basta assessori alla cultura piazzati e spiazzati a sproposito. Fatevi da parte! Ci sono persone mature, capaci di far da sé. La politica culturale, nel Salento, ha miserevolmente fallito, ha costruito carriere ridicole, sperperando quantità di denaro pubblico impressionante. È ora di ammetterlo!
- Le scuole e i bambini. Nascono sempre meno bambini. Sarà forse il momento di investire realmente su quei pochi che nascono? Stringiamoci intorno alle comunità educanti, a quelle scuole virtuose che mettono in piedi programmazioni europee e progetti di ripensamento generale della scuola. Reti di pensiero. Dal Salento può nascere una scuola nuova, che scommette sul territorio, che si fa collante di una comunità smembrata. Sono tanti gli esempi virtuosi a Lecce e provincia e sempre più ne fioriscono.
- Un nuovo ambientalismo, una buona sanità. Lo dicono tutti, lo ripetiamo da anni e allora perché il nostro mare è ridotto a pattumiera, le nostre campagne a discariche? Non abbiamo più alternativa e non abbiamo più tempo. Difendere senza se e senza ma il nostro territorio è la priorità. Difendere chi non si piega alla logica della sopraffazione malavitosa è la logica conseguenza. Bisogna scegliere: denunciare il male affare, il prepotente, il bullo, il criminale è più nobile che denunciare il povero in cerca di un soldo per campare? Sostenere, dunque, con forza, le numerose associazioni nate in questi anni a difesa dell’ambiente e della legalità. Sostenere i medici e gli operatori sanitari che da anni si s/battono per curare, salvare, tamponare i danni di anni di contaminazioni incontrollate di aria, terra e acqua.
- Il Lecce in Serie B. Infine, perdonate la parabola calcistica ma, come scrisse la scrittrice Rina Durante, “voi non saprete mai cosa vuol dire perdere, voi siete nati per vincere o tuttalpiù per pareggiare”, ma se nasci e vivi nel Salento devi imparare a perdere, a fallire, e a ricominciare. La storia ce l’ha insegnato, il Lecce lo ha dimostrato riuscendo a strigliar via l’onta corruttiva senza piangersi troppo addosso.
Mi rendo conto che la presente classifica può risultare faziosa, parziale, non condivisibile. Frutto di un’analisi tutta personale ma, credetemi, molto radicata. Sperò altresì che ognuno dei lettori faccia mente locale e pensi alle sue 10 cose belle del Salento. Mettendole tutte insieme, sono convinto, nascerà un nuovo Salento. Diverso, migliore.
Forza Salento!