Qual è stato il nostro primo incontro?
Ricordo che quando eri ancora piccolo venivo a trovarti spesso nel deposito di un negozio di pietra leccese in piazza Santa Croce, a quanto pare c’era stata una nascita inaspettata e, prima di portarti a casa dopo il primo mese di vita, ti accudivamo lì. Il sottoscala era lurido e polveroso, pieno di vasi e cianfrusaglie rotte. In un angolino, in una piccola scatola di cartone, avvinghiati alla propria mamma, c’erano quattro gattini, due neri e due tigrati. Appena ti ho visto ho capito che eravamo inevitabilmente fatti per essere amici. Eri il più giocherellone e, mentre gli altri dormivano profondamente, tu adoravi sfogarti con la pallina celeste che ti portavo.
Sono subito rimasta colpita dai tuoi grandi occhi verdi ed espressivi che mi scrutavano con meticolosa attenzione. Il tuo pelo era coperto da bellissime striature, perfettamente simmetriche, dai colori nero e oro, che si schiarivano nei pressi del musetto. Eri come un piccolo confetto e mi hai subito suscitato un forte senso di tenerezza. Le tue zampine erano bianche sulle punte, soffici e piacevoli come una coperta calda in un freddo giorno d’inverno, la tua coda era lunga e scura e ti dilettavi a contorcerla in innumerevoli figure diverse.
Ormai sei qui a casa da quasi due anni e siamo diventati inseparabili. Ti ho anche dato un nome speciale per me: Gildo, nome, al maschile, della mia maestra di italiano alle scuole elementari. Lei è riuscita a farmi amare con tanta facilità la sua materia e, dato che oggi non la incontro molto spesso, tu, in qualche modo, me la ricordi ogni giorno. Tu riesci a capirmi meglio di chiunque altro, interpreti benissimo le situazioni: sai perfettamente quando saltarmi sulle gambe facendo le fusa per consolarmi e quando farmi divertire con i tuoi saltelli e con i tuoi agguati per tirarmi su. Insomma in te ho trovato un amico fantastico che riesce sempre a farmi stare bene. Ti adoro!