La condizione della ricerca in Italia e il caso Giuliani. Di Mirta Morrone*
E’ bizzarra la condizione della ricerca Italiana. E’ davvero bizzarra.
Poniamo che ciò che in questi giorni è stato ripetutamente affermato in televisione corrisponda al vero. Ipotizziamolo! Ipotizziamo pertanto che il ricercatore Gianpaolo Giuliani, per quanto da lui smentito più volte, abbia previsto l’innesco di un forte terremoto nel bacino di Sulmona e che lo abbia datato: 29 marzo 2009.
Nel panorama sismologico italiano, questo risultato, ovvero la localizzazione spazio temporale di un evento sismico di forte intensità a 70km dalla zona ipocentrale vera e con uno scarto di pochi giorni, già di per sé rappresenta un traguardo importantissimo e senza precedenti.
Ora, invece, analizziamo il metodo da lui adottato e tanto criticato dai mass media, dai politici, dalle istituzioni. Giuliani ha creato una rete di controllo per il monitoraggio delle alterazioni della concentrazione di un gas nobile, un derivato dal prodotto di decadimento dell’uranio, il Radon. Ebbene? Cosa c’è di nuovo in questa tecnica? Nulla. Giuliani non ha inventato proprio niente. L’utilizzo del Radon quale elemento precursore di un evento sismico non è certo una novità. Lo scenario internazionale, in campo geofisico, conosce questo metodo da più di 40 anni. La comparsa di questo gas in concomitanza con il processo di preparazione meccanica ad un evento sismico è argomento di studio usualmente trattato in qualunque corso serio di geologia strutturale, di fisica terrestre, di sismologia. Perché tanto stupore? Come mai tante perplessità? Forse perché i risultati di Giuliani non erano stati presentati ufficialmente al mondo scientifico?
Che qualunque teoria debba essere validata da pubblicazioni e che queste pubblicazioni debbano essere discusse nelle sedi più appropriate (conferenze, convegni, congressi) è senza dubbio vero. Nessuno, al riguardo, credo abbia nulla da obiettare. E’ altrettanto vero, però, che la letteratura già esistente sull’argomento è non solo vasta, ma anche decennale. E le riviste sulle quali tali idee sono state e vengono ancora proposte, sono il fiore all’occhiello della geofisica internazionale. Journal of Geophysical Research, Tectonics, Tectonophysics, Science, giornali considerati dagli addetti ai lavori come il top nel campo della cultura scientifica mondiale. Appare implicito che gli autori di tali articoli e a differenza del tecnico Giuliani, siano persone laureate, con dottorati di ricerca e cattedre. Nel lavoro dei ricercatori islandesi Hauksson, Egill, Goddard, Jhon G., titolato ‘Radon Earthquake precursor studied in Iceland’ si afferma che per terremoti di media intensità (Magnitudo compresa tra 2.0 e 4.3) la percentuale osservata di anomalie del Radon è stata del 65%. Gli autori specificano però che nell’area, durante il periodo di monitoraggio, non si è avuta alcuna manifestazione sismica di maggior intensità (M>4.3). Perché questa chiarificazione? Perché il calcolo probabilistico della validità di questo metodo, per eventi sismici di forte intensità (M>5), secondo alcuni autori, sembrerebbe aumentare (>65%). Il tempo che intercorre tra l’aumento improvviso delle concentrazioni di Radon e il successivo sisma è stato stimato nell’ordine di ore.
Il metodo adottato da Giuliani dunque non è solo ampiamente noto, ma anche largamente diffuso. Sono molti i paesi tettonicamente attivi e tecnologicamente avanzati a utilizzarlo (Islanda, Russia, California, Giappone). L’Italia, purtroppo, è fuori da questo elenco. O meglio, come affermato dal Dott. Piersanti, sismologo dell’INGV, a Porta a Porta, sul nostro territorio esistono ‘aree campione’ dove questa tipologia d’osservazione è già in uso e in via di perfezionamento. E’ lecito chiedersi come mai l’aera aquilana, pur essendo sismologicamente ad altissimo rischio e pur avendo un’alta densità di popolazione, non sia tra queste! Ma la domanda che tutto ciò porta a formulare però è un’altra ed è ovvia: perché mai, allora, non utilizzare i dati di Giuliani?
Probabilmente la strumentazione utilizzata dal ricercatore in questione non era stata ufficializzata, ma in un contesto di quel genere, un contesto ‘anomalo’ dimostrato non solo dall’intensa attività sismica registrata negli ultimi mesi, ma anche dal fatto che a L’Aquila sia stata organizzata una riunione straordinaria grandi rischi una settimana prima del disastro, mostra che evidentemente qualcosa non tornava.
E’ bizzarro che anziché sfruttare le conoscenze di Giuliani, conoscenze non teoriche, ma empiriche, non astratte ma strumentali, s’è seguita la strada contraria, quella dell’ignorare, del denigrare, dl denunciare. In quel contesto Giuliani era non solo da affiancare, ma anche da ringraziare poiché nelle sue mani aveva dati che potevano, certo non in maniera deterministica, ma quantomeno probabilistica, rappresentare un ulteriore, importante strumento d’indagine e forse anche la salvezza di vite umane.
* MIRTA MORRONE E’ DOTTORE DI RICERCA IN GEODINAMICA (UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA)
LAUREATA IN SISMOGENESI DEI TERREMOTI, CON UNA TESI REALIZZATA PRESSO L’ECOLE SUPERIEURE DE PHYSIQUE ET DE CHIMIE INDUSTRIELLES DI PARIGI