2006* Ti racconto la mia storia con… internet
Educare ai Nuovi Media.
I ragazzi li conoscono, gli insegnati non possono evitarli!
di Antonio Rollo
Quando ho accettato il PON – Piano Operativo Nazionale, ovvero dei fondi strutturali per le scuole – ‘Ti racconto la mia storia con un libro e…’ in cui si richiedeva di avvicinare al multimedia ragazzi di seconda media, della scuola ‘A. Galateo’ di Lecce, sapevo che non sarebbe stato facile. Ma amo le sfide, e soprattutto amo il mio lavoro di autore e teorico dei nuovi media. L’incontro con il professor Gino Santoro dell’Università di Lecce è stato, per me che ho vissuto lontano dal Salento per quindici anni, un momento di riflessione e conoscenza della mia terra. Ho scoperto un Salento pieno di contraddizioni ma anche in grande fermento. I giovani percepiscono il momento storico in cui viviamo e allo stesso tempo rivendicano un disiderio di affermazione culturale e di rispetto per una terra che affonda le sue radici nella storia del mondo.
Il metodo pedagogico è stato studiato insieme al prof. Santoro, puntando su una sorta di arrembaggio ai nuovi media. I ragazzi sin dal primo incontro hanno reagito benissimo, mentre gli assistenti sono sembrati impreparati al gioco educativo con le nuove tecnologie. Credo che questo sia dovuto al salto generazionale. Oggi stiamo vivendo un momento molto particolare in cui i giovani, circondati e bombardati da un flusso continuo di informazioni e tecnologie, hanno sviluppato delle conoscenze in maniera accelerata e le vecchie generazioni di insegnanti faticano a interagire con questa nuova percezione mediata.
I ragazzi conoscono internet, il file sharing, gli sms, usano le email e gli istant messanger, sanno masterizzare, utilizzato programmi di authoring e giocano a complessi videogame di stategia con la playstation. Questo accade per ognuno di loro indipendentemente dal contesto socio culturale in cui vivono. Il problema è quindi sapersi rapportare alle nuove tecnologie in maniera creativa, consapevole e costruttiva. Le domande di questi ragazzi sono le stesse del filosofo Edgar Morin: come acquisire l’accesso alle informazioni sul mondo e come acquisire la possibilità di articolarle e di organizzarle? Come percepire e concepire il Contesto, il Globale (la relazione tutto/parti), il multidimensionale, il complesso?’.
Partendo dal titolo del progetto ‘Ti racconto la mia storia con un libro e…’ , è emerso che i ragazzi leggono e sono attratti dai libri della Rowlings sul magico mondo di Herry Potter. Ecco come lo descrive Vittorio Fano nel suo blog: “La grande saga della Rowlings è arrivata al sesto volume e al quarto film. Il protagonista vive una situazione dickensiana alla David Copperfield, ma in un mondo diverso dal nostro. Lì però i protagonisti sperimentano tutte le passioni umane, dall’amicizia, all’odio, all’antagonismo, all’amore. Il mondo dei babbani non sembra contare nulla. Nel mondo dei maghi, invece, si combatte un’epica battaglia fra il bene e il male. L’autrice attinge alle mitologie e favole di tutto il mondo, con una sapienza letteraria straordinaria. Uno degli stratagemmi narrativi più usati è quello che Aristotele avrebbe chiamato anagnorisis, cioè il riconoscimento: così nel primo Raptor da buono diventa cattivo e nel quarto si scopre che Moody è un mangiamorte trasformato. A differenza del Signore degli anelli, scritto senz’altro con più garbo, qui il destino gioca un ruolo secondario. Molto dipende dalle scelte dei singoli. Inoltre, come spesso accade in questo tipo di racconti, male e bene sembrano uscire da uno stesso ceppo, così la bacchetta di Potter viene dallo stesso ramo di quella di Voldemort. Ma ciò che suscita la simpatia mondiale di Harry sembra essere la sua modestia non scalfita dalla notorietà e la sua quasi proverbiale inettitudine, nonostante il coraggio, l’intelligenza e i poteri che possiede” .
Devo essere sincero, non ho mai letto un libro della Rowlings e sperimento anch’io il salto generazionale. Conosco comunque il fenomeno Harry Potter, che come molti altri fenomeni commerciali basa la sua fortuna su un’indiscussa capacità di narrazione della Rowlings ma anche sul flusso delle informazioni che arriva dai diversi media, da internet al cinema. Quindi oggi anche i ragazzi di una scuola del Sud Italia, come quelli di mezzo mondo – il libro è ormai tradotto in moltissime lingue tra cui anche il giapponese da quest’anno – si immedesimano nei personaggi fantastici del mondo dei maghi e vivono con loro non più nel mondo della favole ma in quello della realtà delle passioni umane, dell’amicizia, dell’odio, dell’antagonismo e dell’amore.
Inoltre questi ragazzi sanno bene cos’è il dolby surround che vivono nel vicino multisala. Infatti molti di loro oltre ad aver letto i libri hanno anche visto i vari film della saga Potter.
Nella premessa al progetto di educazione ai media scrivevo che l’influenza dei nuovi media della comunicazione ci ha reso sempre più spettatori inattivi del flusso di informazione che scorre attraverso canali come la televisione o internet. I nuovi media stanno creando una sorta di muro partecipazionale allontanandoci da quelle che sono le possibilità di espressione e creatività offerte dai media stessi. L’intenzione è quella di condurre i ragazzi ad una graduale conoscenza e appropriazione delle attrezzature del laboratorio ed un utilizzo creativo delle nuove tecnologie attraverso workshop che esplorano le potenzialità espressive delle macchine a disposizione. Intendo il laboratorio multimediale come un momento in cui ‘fare insieme’ e ‘stare insieme’ si fondono proprio come su un vascello di pirati che parte all’arrembaggio di nuovi lidi. “E’ interessante notare che l’idea di informatizzare la scuola imperversa soprattutto tra i politici più anziani, quelli che non sono neppure in grado di scrivere una mail senza la segretaria”. Infatti mi sono ritrovato a dover svolgere il laboratorio multimediale in una sala inadeguata alle richieste dei ragazzi.
Computer messi in fila in maniera quasi militaristica, monitor ingombranti che nascondono la faccia dei ragazzi, impossibilità di usare il video proiettore in maniera partecipata, difficoltà a spostarsi tra le postazioni e di conseguenza monitorare l’uso che i ragazzi fanno del computer, e soprattutto una carenza di programmi (software) di uso frequente quali fotoritocco, authoring, giochi, montaggio video, posta elettronica. Diciamo che il vascello a disposizione faceva acqua da tutte le parti.
Ecco un esempio di spazio multimediale orientato all’uso dei computer. Credo che le immagini siano autoesplicative e che in un futuro si possano trarre delle conclusioni per ripensare i modelli di organizzazione di un aula multimediale scolastica. “Il gioco è il modo più antico che conosciamo per imparare come va il mondo. Si apprende in tante forme, anche se s’impone il primato delle competenze alfabetiche, monomediali e lineari. L’approccio ludico, nonostante sia quello che può stimolare la migliore risorsa umana – quella partecipativa – è poco considerato, anche se evidentemente il miglior apprendimento è quello che riguarda l’esperienza diretta, coinvolgendo la sensorialità e il pensiero analogico. Il sistema educativo può, attraverso la multimedialità interattiva, collegare tra loro due forme diverse di apprendimento, quella sensoriale e quella alfabetica che, di fatto, corrispondono alle funzioni dei due emisferi cerebrali. La dimensione ludica del virtuale rappresenta quindi uno dei migliori modi possibili per imparare, attraverso la simulazione, in un mondo futuro inevitabilmente digitale”
Orami la sfida l’avevo accettata e quindi mi sono messo subito al lavoro per cercare di rispondere insieme ai ragazzi alla domanda di ‘raccontare la mia storia con un libro e…’ la multimedialità.
Durante gli incontri successivi ho lasciato libero accesso alle macchine per cercare di capire quale fosse il livello di padronanza e cosa si aspettassero da un laboratorio multimediale. Il vascello era stato varato. Subito sono emersi problemi importanti e degni di riflessione. Innanzi tutto molti ragazzi conoscono benissimo gli indirizzi web di molti siti porno. Un problema delicato. A prima vista sembrava che il problema fosse associabile a sistemi di protezione e sicurezza della navigazione del laboratorio, ma discutendo con alcuni colleghi americani è emerso che ci sono oltre cinquanta milioni di siti porno e che nessun firewall può tenere sotto scacco l’accesso. Inoltre è emerso che molti ragazzi hanno il computer in casa, anzi in camera, ed quindi facile immaginare la loro navigazione ‘proibita’. Ho fatto delle ricerche ed ho constatato che il fenomeno non era diffuso solo tra i ragazzi del Galateo di Lecce, ma che l’accesso dei minorenni a Internet è una questione ancora aperta in tutto il mondo. In particolare esiste un sito www.wiredpatrol.org formato da persone che cercano di difendere i diritti dei ragazzi su internet, di denunciare la pedofilia e di discutere soluzioni e vie plausibili. Ecco il manifesto contro la pedofilia. “La pornografia dei minorenni … dietro ogni immagine si nasconde paura”.
Sempre su www.wiredpatrol.org sono indicate semplici regole per evitare che i minorenni finiscano in siti pornografici, come quella di far tenere il computer in salotto e non lasciare il minorenne da solo in camera collegato a Internet.
Internet è un luogo controverso tanto quanto la realtà che viviamo. Non possiamo soltanto stupirci. Credo sia importante applicare quel desiderio di ‘fare insieme’ e ‘stare insieme’ che ho visto applicato nelle pratiche del teatro con buoni risultati, ma che per essere traslato nel mondo del multimedia necessita di una diversa consapevolezza e conoscenza. Dice Nicolas Negroponte nel suo Essere Digitali: “I nostri pronipoti capiranno perchè andiamo tutti a teatro a una certa ora, cioè per godere della presenza contemporanea di attori in carne e ossa, ma non capiranno certo per quale motivo dobbiamo guardare la televisione quando la guardano tutti, anche se siamo a casa nostra. Non lo capiranno finchè non si renderanno conto del bizzarro modello economico che c’è dietro”. E i ragazzi del Galateo sono molto pespicaci e hanno dimostrato attitudine a integrare economia e nuovi media. Ad esempio un ragazzo voleva che gli masterizzassi un video da me realizzato per poi rivendere le copie ai suoi compagni.
Propongo allora di usare il laboratorio multimediale come un’orchesta, sfruttando il fatto che ogni computer aveva le sue casse acustiche. Ho disegnato un’interfaccia sonora con la quale ogni studente poteva suonare diverse traccie audio che costruivano un particolare ambiente sonoro. I suoni utilizzati sono gli stessi che nel 1998 avevo utilizzato insieme a Seba Vitale e Luca Barbeni – 8081.com – per costruire un’installazione sonora in cui si esplorano diversi ambienti quali la campagna, un terrazzo, la strada.
I ragazzi hanno mostrato un grande interesse ed un’elevata capacità di relazionarsi all’interfaccia. Questo ha fatto emergere il desiderio di disegnare degli ambienti sonori durante il laboratorio. Peccato che la ‘sala multimediale’ non fosse adeguatamente attrezzata al lavoro con l’audio. Ma attenzione, questo non è un problema circoscritto ad una sola Scuola. Le aule multimediali che sono spuntate come funghi a partire dal 2000, grazie agli incentivi europei, sono state disegnate sull’utilizzo prevalente del word processing! La multimedialità non è scrivere col computer! Le tecnologie di comunicazione hanno spostato il linguaggio da lineare a vivente, sostituendo le metafore legate alla macchina con altre ispirate all’ecologia e a ambienti mutevoli. L’apprendimento è un processo finalizzato e mediato di costruzione di significato e non un processo di accumulazione di informazioni e i sistemi umani non sono lineari ma dinamici e organici; occorre quindi creare un nuovo linguaggio, e, soprattutto, nuovi spazi di ricerca, formazione e socializzazione che supportino e valorizzino la natura dell’apprendimento stesso.
Nel frattempo maturava un rapporto di fiducia tra me e i ragazzi, proprio come succede nel teatro. Con i ragazzi ci siamo rimboccati le maniche e iniziato a tappare le falle del nostro vascello tutti insieme. Questo è significato responzabilizzarmi nel processo educativo che avevo messo in atto legato ad un approccio ludico partecipativo ai nuovi media. Quando nel 1998 insieme al professor Carlo Infante avevo tenuto due workshop sui nuovi media alle Scuole Medie di Cursi e Melpignano, ero in una condizione ottimale in cui ho lavorato con i ragazzi per una settimana di fila insieme ad un gruppo di collaboratori esperti in nuove tecnologie ed un piccolo laboratorio multimediale attrazzato per esplorare il mondo della creatività digitale. Il progetto ‘Ti racconto la mia storia con un libro e…’ è dileguato nel tempo, circa sei mesi con due incontri settimanali. Ho cercato on-line modelli pedagogici che rispondessero alle domande che emergevano sin dal primo incontro ovvero di rapporto con la complessità e la non linearità di una società dell’informazione che modifica il proprio rapporto con il mondo.
Ho trovato un sito-miniera di informazioni. www.edutopia.org. Un progetto finanziato da George Lucas, il regista di Guerre Stellari per intenderci, in cui diversi docenti e pensatori sperimentano modelli pedagogici adeguati ai ragazzi del terzo millennio. L’approccio del ‘fare insieme’ e ‘stare insieme’ necessita di una capacità da parte dell’insegnante di coinvolgimento emotivo con la materia insegnata. “The most important role for teachers is to coach and guide students through the learning process, giving special attention to nurturing a student’s interests and self-confidence. As technology provides more curricula, teachers can spend less time lecturing entire classes and more time mentoring students as individuals and tutoring them in areas in which they need help or seek additional challenges. theory and more time in classrooms, working directly with students and master teachers. Teaching skills should be continually sharpened, with time to take courses, attend conferences, and share lessons and tips with other teachers, online and in person”6.
‘The Journey of Man’ realizzato dal Cirque du Soleil per le sale IMAX racconta in maniera delicata la storia dell’uomo dalla nascita sino alla morte. I ragazzi erano entusiasti quando lo abbiamo visto insieme. Alla fine del filmato è seguita un’accesa discussione sulle diverse fasi dell’esistenza con una staordinaria consapevolezza dei ragazzi sulla loro età, sui loro problemi e sulle loro speranze. Quando ci siamo rivisti abbiamo fatto la lista delle nostre canzoni preferite che è diventata la play list per un set radiofonico condiviso allestito in classe. Ad un primo impatto sembrava che i ragazzi non avessero storie da raccontare. Invece sono affiorate le diverse individualità, la molteplicità dei caratteri e il contesto socio culturale che li circonda. La volta dopo ci siamo riascoltati tutti insieme ed ognuno ha riflettuto sull’incapacità di raccontare una storia, ma anche sulla necessità di ascoltare e ascoltarsi. Da questo momento in poi gli appuntamenti sono stati scanditi da attività in cui il gioco e il multimedia si mischiavano. L’utilizzo diretto di strumenti come la telecamera, i microfoni, i mixer ha dato la possibilità di giocare con informazioni digitali esplorando costruzioni non lineari di storie, conoscenza dell’ambiente circostante, nuove inter-relazioni personali, punti di vista multidimensionali.
L’educazione al tempo dei media è profondamente mutata. E la domanda di complessità da parte dei ragazzi deve trovare risposta in insegnati che si lasciano coinvolgere nel processo di informatizzazione con spirito di curiosità ma sviluppando attraverso lo scambio di esperienze una consapevolezza sui nuovi media che apra ad un futuro digitale in cui lo sguardo sul mondo non è circoscritto ad un territorio ma accoglie le esigenze globali di ecologia e rispetto della diversità.